Al giorno d’oggi, nessuna azienda può trascurare la propria presenza online. Il display advertising è uno dei tanti strumenti con cui raggiungere gli utenti della rete: siti web, pagine sui social, collaborazioni con blog e influencer sono altri metodi, ma in questo articolo ci concentreremo sul display advertising.
Cos’è il display advertising?
Con il termine display advertising ci riferiamo a tutta una categoria di formati e tecniche pubblicitarie pensate per il mondo digital. Banner, pop-up, rich media e advertorial sono le categorie più comuni e diffuse che analizzeremo a breve.
La possibilità di avere una diffusa presenza online, in generale, è fondamentare per la costruzione della brand awareness, cioè della notorietà dell’azienda da parte del grande pubblico. L’essere a distanza di click permette di diffondere rapidamente la voce dell’esistenza di un brand e aiuta anche i clienti già affezionati a continuare a rimanere in contatto con esso. Brand awareness e brand loyalty sono dunque due dei fattori principali che il display advertising e, in generale, la presenza online di un’azienda accrescono.
Sicuramente, poi, è fondamentale anche il discorso della vendita, il punto d’arrivo di ogni campagna di comunicazione. Quando si tratta di diffondere un nuovo abbonamento, un pack pensato per un target specifico o qualsiasi altra promozione, il display advertising mostra la parte migliore di sé. Dà, infatti, la possibilità di personalizzare a alti livelli di precisione l’audience che raggiungerà il messaggio e anche il messaggio stesso.
Moltissime aziende, ormai, fanno quasi esclusivamente campagne sui social, inviando promozioni mirate a persone specifiche. Identificare il target è infatti un passo fondamentale nella programmazione di una campagna di display advertising: quello che si vuole è aumentare il più possibile l’efficacia dei messaggi e il CTR (click through rate) che misura quanto la pubblicità è stata cliccata.
Google in questo offre moltissimi strumenti poiché ha a disposizione una quantità enorme di dati che gli permettono di far arrivare ai singoli utenti annunci ai quali potrebbero essere interessati in quel momento. In più, permette anche di misurare efficacemente i risultati delle campagne con piattaforme molto agili.
Dunque, come visto e come vedremo, il panorama è vasto e complesso e buttarsi allo sbaraglio può forse creare più danni che guadagni. Si rende davvero necessaria una buona pianificazione strategica alla base di ogni operazione di questo tipo fatta da esperti che possano consigliare qual è il medium più adatto alle vostre esigenze.
Insomma, a grandi linee questo è il display advertising, ma ora cerchiamo di entrare più nel merito parlando di vantaggi e svantaggi dell’uso di questa tecnica pubblicitaria e delle tecniche più diffuse per metterla in pratica.
Display advertising: vantaggi e svantaggi
Come ogni decisione che viene presa in pubblicità e non solo, tutto ha i suoi pro e i suoi contro. In questo caso, però, sicuramente gli aspetti positivi sono molto maggiori rispetto a quelli negativi.
Abbiamo già accennato a come il display advertising aiuti in diversi modi la costruzione della brand awareness e della brand loyalty del consumatore. Ora allargheremo il discorso, perché questa tecnica contribuisce in maniera significativa alla costruzione della stessa identità e credibilità del brand in vari modi.
Innanzitutto, ogni atto comunicativo che l’azienda compie, dal post su Facebook o Instagram, alla campagna pubblicitaria, concorre alla creazione di una serie di valori, concetti, emozioni che vengono associati alla propria immagine. Se pensiamo a Fanta, ad esempio, immaginiamo innanzitutto il colore arancione, l’idea di festa, allegria, energia e tante altre cose. Tutto ciò è il frutto di un’identità visiva che Fanta ha costruito soprattutto grazie al display advertising.
Un banner, una pubblicità su Youtube, un advertorial curato possono essere degli elementi chiave per l’idea che il brand trasmette di sé al proprio pubblico.
Altri effetti positivi dell’utilizzo delle tecniche di display advertising sono, per esempio, l’esposizione garantita e la durata di questa esposizione: sembrerà strano, ma le pubblicità più viste sono ormai sempre più quelle che passano in qualche modo attraverso uno schermo.
Se da un lato, magari, un poster per strada assicura molte esposizioni per chi compie quel tragitto regolarmente, una storia di Instagram sponsorizzata ha tempi di visione decisamente maggiori nonché un target molto selezionato.
Il display advertising assicura, dunque, che il vostro messaggio sia visto e che sia visto da persone potenzialmente interessate. C’è una teoria, chiamata teoria della mera esposizione di Zajonc, per cui basta anche solo essere esposti a uno stimolo per un numero minimo di volte, solitamente fissato a 3, per potersene ricordare.
Dunque, paradossalmente un manifesto può diventare invisibile o addirittura controproducente per chi lo vede tutti i giorni, mentre una pubblicità online rispetta il numero di esposizioni evitando di assillare gli utenti. In questo modo si ottiene, a prescindere che ci si soffermi sul messaggio pubblicitario o meno, un aumento della sensazione di familiarità del vostro brand.
Gli svantaggi dell’uso del display advertising sono pochi e relativi. Il primo è sicuramente la possibilità che l’utente prende a male l’essere interrotto da dei pop-up, ad esempio, nella navigazione e associ un sentimento negativo al brand. Questo, purtroppo, è un rischio a cui sono esposti alcuni tipi di display advertising più di altri, che esamineremo poi.
Un altro rischio possibile è l’associare i brand che fanno display advertising a dei brand scadenti. Rarità, raffinatezza, esclusività, sono criteri che è difficile, anche se non impossibile, evocare con tecniche di display advertising. Diciamo che, se in diversi casi il risultato è più certo, in questi dipende molto dal contenuto della comunicazione nel momento in cui il metodo non predispone direttamente all’effetto desiderato.
Formati e tecniche: display advertising ovunque
Le tipologie di display advertising sono moltissime e elencarle tutte è complicato. Sicuramente, però, ci sono delle grandi categorie che includono la maggior parte delle tecniche utilizzate. Di seguito ve le presentiamo.
– Banner e pop-up: questa è la categoria più diffusa e popolare del display advertising. Si tratta di veri e propri box all’interno di pagine web dentro ai quali si collocano i messaggi pubblicitari.
Di banner, in particolare, ne esistono di varie forme e formati, dai cosiddetti bottoni quadrati, agli skyscrapers verticali o ai rectangular orizzontali. Il pregio fondamentale del banner è il fatto che venga collocato spesso in posizioni strategiche, che gli utenti percorrono spesso con lo sguardo. Dunque la visualizzazione del contenuto è alta, almeno la visualizzazione involontaria.
Il grande difetto, invece, è riassumibile nel fenomeno della banner blindness, per cui, ormai, gli utenti alfabetizzati della rete sanno dove vengono posizionate le pubblicità e le evitano direttamente. In generale, i banner sono utili per operazioni per incentivare la familiarità dei brand senza dar troppo fastidio al consumatore.
I pop-up, invece, necessitano di un atto di interazione forte da parte dell’utente. Essi aggrediscono, in un certo senso, il consumatore interrompendo la navigazione. A quel punto è garantita la visualizzazione consapevole dell’annuncio, ma, a meno che non sia di estremo interesse, susciterà un’urgenza di chiudere il pop-up il prima possibile, se non anche un’emozione negativa nei confronti del brand stesso.
Per utilizzare i pop-up, insomma, bisogna essere davvero certi del valore del proprio messaggio, pena l’essere considerati invadenti da parte degli utenti.
– Rich media: categoria molto ampia del display advertising che include un qualsiasi annuncio pubblicitario che contenga un maggiore grado di interattività. Spesso la sola presenza di un video, parti animate o una traccia audio permettono a un annuncio di essere classificato come rich media (per certi versi anche dei pop-up possono essere dei rich media, ad esempio).
Esempi di rich media sono i banner animati, i video-annunci su Youtube e tanto altro. Il vantaggio fondamentale di questo tipo di display advertising è il loro alto grado di engagement e la conseguente alta capacità espressiva. Si possono, infatti, raccontare delle storie, creare arousal, interesse emozionale, stimolare più sensi e meglio. Ricordiamo, infatti, che le comunicazioni che fanno leva sulle emozioni sono molto più ricordate di quelle che si concentrano sulla razionalità.
D’altro canto, lo svantaggio dei rich media è che hanno bisogno di tempi di fruizione più lunghi: per ascoltare un jingle, farsi coinvolgere da una storia o interessare da un’animazione sono richiesti all’utente alcuni secondi almeno e spesso, come ben sappiamo, non si ha la fortuna di avere la loro attenzione per tutto questo tempo.
Si possono definire i rich media come degli advertisments che puntano molto sulla qualità più che sulla quantità di views e che hanno, però, un engagement davvero molto alto.
– Advertorial: questa è decisamente la categoria più recente e innovativa nel campo del display advertising. Un advertorial è qualsiasi messaggio pubblicitario che si integra completamente con i contenuti che gli stanno attorno. Esempi ormai comuni sono gli articoli sponsorizzati in riviste e giornali, sia cartacei che online, i video pubblicitari su Youtube, le storie-annuncio su Instagram e analogamente i post di Facebook.
La logica dell’advertorial è davvero rivoluzionaria in quanto va incontro all’utente in ciò che sta facendo, si presenta come parte del flusso delle sue azioni senza interromperlo bruscamente nella navigazione. Il fatto, poi, di imitare lo stile comunicativo della piattaforma in cui si trova, suscita una sorta di stima da parte del consumatore nei confronti del brand che, nella loro mente, si è preso la briga di parlare la mia lingua.
Anche gli advertorial, però, hanno degli svantaggi. Il più grande dei quali potrebbe nascere dal principio di reattanza secondo cui il consumatore si sente, in qualche modo, ingannato da un contenuto che voleva sembrare innocuo, mentre cercava, in realtà, di convincermi di qualcosa.
Ebbene questo è sicuramente un rischio che si corre se si vuole essere troppo mimetizzati: personalmente possiamo, però, consigliare che una media tra il quasi-anonimato e la dichiarazione diretta di essere di fronte a una pubblicità la si può trovare.
Insomma, queste sono le principali tipologie di display advertising utilizzate oggi all’interno del web. Sicuramente, però, ci troviamo davanti a un ambiente in continuo mutamento che riesce sempre a reinventarsi e a trovare nuove soluzioni. Per questo, e per la complessità del panorama che abbiamo presentato, affidarsi ai professionisti è più che fondamentale per una buona pianificazione delle proprie campagne di comunicazione.
Pianificazione, target e misurazione: il display advertising in numeri
Il processo che porta alla programmazione di una campagna di display advertising è articolato. Assieme a degli esperti, le aziende sono chiamate a ragionare, innanzitutto, sul tipo di target che si desidera raggiungere tramite il proprio messaggio e il proprio prodotto.
Questa fase può, ad esempio, essere condotta con ricerche di mercato sul gradimento dei prodotti, oppure utilizzando le innovative tecniche di neuromarketing per avere un quadro preciso di chi potrebbe essere il proprio consumatore ideale.
Una volta superato questo passaggio, la conoscenza degli esperti di comunicazione pubblicitaria è fondamentale per la costruzione del messaggio e la pianificazione della campagna: come sottolineato nella sezione precedente, non tutte le tecniche di display advertising sono adatte a tutti i tipi di esigenze e trovare una ricetta che tenga conto di target, messaggio e media è compito delle persone competenti.
Errori come programmare una campagna banner con messaggi complessi o advertorial con contenuti risicati sono comunissimi e minano l’efficacia delle nostre strategie.
La pianificazione, poi, non si limita solo ai media da utilizzare, ma tiene conto anche delle finestre di tempo in cui tenere attiva la campagna. In questa fase si analizzano le agende dei competitor, il panorama pubblicitario attuale e si scelgono i momenti in cui la propria campagna potrebbe dare i maggiori risultati.
Una volta che i messaggi sono stati lanciati, non resta che aspettare e verificarne l’andamento.
Ora si inizieranno a consultare le analytics, le statistiche di un annuncio che comprendono le impression totalizzate in rapporto ai costi, il CTR (click through rate) che misura il numero di interazioni dirette del soggetto con l’annuncio, gli indicatori di conversione, ecc…
Un indicatore importante e molto diffuso è il KPI (key performance indicator) che monitora l’andamento di una campagna pubblicitaria tramite una serie di indici che tengono conto della qualità dell’output, dei costi, dei tempi e del rapporto tra investimento e risultati.
Spesso questa analisi viene affidata a un esperto che può partire da una specifica richiesta dell’azienda oppure da dei dati raccolti tramite i metodi tradizionali.
Insomma, il campo del display advertising è ricchissimo e andrebbe esplorato in ogni sua piega. È un’opportunità che ancora molti faticano a cogliere, ma che segnerà sempre più il futuro del mercato pubblicitario mondiale. La capacità di sfruttare al meglio queste risorse è determinata a quanto si è disposti ad affidarsi a persone competenti che sappiano consigliare al meglio in base alle necessità delle aziende.
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